De Sero: «Grande specializzazione, un lavoro di cuore e di “cuora”»
VENEZIA – E’ un’azienda florovivaistica polesana, socia Coldiretti di Villadose, a segnare il passo dell’ingegneria naturalistica mondiale con l’uso delle piante “alofite”, tanto da essere ingaggiata dal British council (ente britannico internazionale per la promozione delle relazioni culturali) per portare le proprie realizzazioni al padiglione della Gran Bretagna, in occasione della 12^ Mostra internazione di architettura “People meet in architecture” della Biennale di Venezia 2010, aperta in questi giorni.
Il giovane imprenditore Filippo De Sero, 33 anni, titolare dell’omonima azienda, è stato oggi (26 agosto) ospite d’onore della conferenza stampa e della cerimonia d’inaugurazione del padiglione britannico, che si sono tenute ai Giardini della Biennale, dove l’esposizione resterà visitabile al pubblico dal 29 agosto fino al 21 novembre.
De Sero ha realizzato il cuore del padiglione inglese, tutto imperniato sull’ambiente naturale della laguna veneziana: una vasca di 11 metri per un metro e cinquanta, dove con un sistema di pompe e un fondo di rotoli di cocco, è stato ricostruito, in perfetta scala naturale, l’ambiente delle barene, una sorta di isolotti tipici della laguna che affiorano e scompaiono nell’acqua a seconda delle maree; ricostruito anche un “ghebbo” e un “chiaro”, rispettivamente un canale ed un laghetto. L’intero ambiente è stato popolato da tutte le specie vegetali di piante “alofite” (che si sviluppano bene in acqua salata), ciascuna tipologia messa a dimora alla rispettiva quota d’acqua sul medio mare. Una realizzazione che mette insieme ingegneria, conoscenze agronomiche, biologia e profonda esperienza dell’ambiente tipico lagunare.
L’azienda agricola di De Sero è l’unica in Italia, così altamente specializzata nella coltivazione delle piante alofite che, dal 2008, collabora col consorzio Venezia nuova all’interno dei cantieri Mose, su progetti unici al mondo per ricreare le barene nella laguna veneziana, che sono la prima difesa contro il moto ondoso e le maree, poiché le radici delle piante acquatiche trattengono il terreno e si oppongono in modo del tutto naturale all’erosione del mare e del vento. «Dove l’uomo distrugge col moto ondoso, noi ricreiamo con la natura – spiega Filippo De Sero – aiutiamo le piante colonizzatrici ad insediarsi, favorendo anche la formazione di aree adatte alla nidificazione di uccelli marini e delle specie ittiche».
«Fondamentalmente siamo una piccola azienda – commenta De Sero – ma proprio per questo siamo in grado di compiere opere che imprese di grandi dimensioni non potrebbero fare. Quando nell’acqua gelida di gennaio – spiega – andiamo in laguna nord a recuperare zolle vegetali che stanno franando per propagarle e rimetterle in piantumazione, dopo almeno 12 mesi di vivaio, servono solo una barca, un badile, le mani e una tuta di neoprene, sicché di tutte le macchine modernissime e della tecnologia che possediamo in azienda, non ce ne facciamo più niente. Siamo al freddo nel fango, anzi nella “cuora”, come si dice in dialetto: ho insegnato il termine agli inglesi, ma penso che abbiano capito che è il femminile di “cuore”». Un lavoro di “cuore” e di “cuora”, dunque, dove, come spiega De Sero: «Ci vuole massima precisione e attenzione perché se si sbaglia la quota di piantumazione di una pianta, si manda all’aria tutto il lavoro».
L’impresa di De Sero continuerà a lavorare con Venezia nuova in ambiente lagunare ancora per i prossimi tre anni, ha avuto contatti col Canada ed ora con la Gran Bretagna. L’azienda collabora con l’Università tecnica di Berlino dove ci sono le massime autorità mondiali in materia di ingegneria naturale con le piante “alofite” e non si contano i suoi interventi di ripristino ambientale, non solo in ambiente acquatico: per esempio ha realizzato a Rovigo il primo impianto in Italia di fitodepurazione per trattare percolato da discarica.
«Il nostro successo – conclude De Sero – è dovuto all’alta specializzazione, ma anche alla capacità di adattamento nell’ambito del settore vivaistico, all’investimento in tecnologia e alla formazione del personale dipendente. Oggi essere agricoltori significa essere imprenditori a pieno titolo e, quindi, saper rischiare. Bisogna essere competitivi sulla qualità e sul prezzo, ma se abbiamo un’altissima qualità e forniamo prodotti particolari, legati al territorio, alle nostre tradizioni di cui dobbiamo essere orgogliosi, possiamo salvare anche un prezzo più alto. L’importante è muoversi, cercare la specializzazione: credo che basterebbe anche un 10 per cento di imprese agricole altamente specializzate per trainare tutta l’agricoltura fuori dalla crisi».
Intervento SRG01 Nome intervento BIOPLASTICA VEGETALE - Bioprocessi per la produzione sostenibile di bioplastica da scarti agricoli
Codice Intervento SRG01
Nome Intervento SRG01 - Sostegno ai gruppi operativi PEI AGRI - Fase di attuazione dei GO
Clicca qui per la