Grano cecoslovacco in arrivo dalla Germania, patate tedesche già etichettate con nomi italiani in viaggio verso la Sicilia, semilavorati di suino tedesco senza etichetta (che tanto metterne una si fa sempre tempo), fiori olandesi con la sigla “It” destinati ai mercati di Verona e Toscana.
Sono solo le prime scoperte della delegazione di Coldiretti Rovigo, guidata dal presidente Mauro Giuriolo e dal direttore Silvio Parizzi, che da stamane all’alba (4 dicembre), insieme a produttori di tutta Italia, sta presidiando il valico del Brennero per mettere in luce l’agroalimentare straniero mascherato col tricolore che entra nel Belpaese, truffando il consumatore e rubando il valore del marchio ai veri prodotti “Made in Italy”. E’ una mobilitazione nazionale che va sotto lo slogan “La battaglia di Natale: scegli l’Italia”.
“Stiamo vedendo arrivare di tutto, apriamo tir e cassoni e si spalanca un supermercato agroalimentare di finto made in Italy. Tutti prodotti che i nostri consumatori comprano pensando di comprare italiano, magari per fare dei regali di Natale di qualità. Vorrei che potessero vedere tutto questo”. Così il presidente di Coldiretti Rovigo, Mauro Giuriolo, al telefono dal Brennero.
“Non possiamo più permetterci di fare prodotti di qualità, - continua Giuriolo - con tutte le spese e i giusti oneri di sicurezza alimentare che ci contraddistinguono, se poi vengono confusi con quelli stranieri che viaggiano ai limiti della legalità e che, comunque, fanno concorrenza sleale ai nostri. Il tutto a scapito dei produttori e soprattutto dei consumatori che non sono messi in grado di fare distinzioni chiare e sono indotti a pensare che tutto quello che è etichettato in italiano sia effettivamente tale, mentre non lo è”.
Il settore suinicolo per la produzione di prosciutti, in particolare, è fortemente minacciato dall’arrivo di cosce di suino straniere, pronte ad essere marchiate come italiane. Ma non è il solo.
“Il costo di una coscia di maiale – spiega il direttore di Coldiretti Rovigo, Silvio Parizzi, sempre dal Brennero – è superiore di oltre l’11 per cento di quanto viene pagata all’allevatore. Il differenziale è spesso dato dal valore aggiunto dell’italianità, deve essere correttamente ripartito nella filiera agroalimentare e, soprattutto, deve valere solo per il prosciutto prodotto realmente in Italia, con carne italiana”.
“Le nostre richieste sono ragionevoli ed immediatamente applicabili. – Afferma il presidente Giuriolo. – Il ministero della Salute riveli l’identità delle imprese importatrici di suini e semilavorati; le cosce importate siano lavorate separatamente da quelle nostrane; sia attuata la normativa sull’obbligo di etichettatura d’origine; siano bloccati i finanziamenti pubblici alle imprese alimentari che danneggiano la competitività nazionale”.
“E’ evidente – aggiunge Parizzi – che al cuore della nostra azione c’è poi, sempre, la salute dei nostri consumatori, la difesa dei nostri prodotti, dei posti di lavoro che l’agroalimentare italiano ha creato in questi anni ed ha le potenzialità di creare ancora, la difesa delle nostre esportazioni, ma, soprattutto, della legalità e della trasparenza”.