"La manifestazione, pacifica ma determinata, si inserisce in una più ampia mobilitazione nazionale promossa da Coldiretti per richiamare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulla crisi profonda del comparto cerealicolo - spiega Giuseppe Satalino, direttore di Coldiretti Treviso - Al centro delle proteste, la pratica sempre più diffusa di importare grano straniero a basso costo, che contribuisce al crollo dei prezzi del prodotto italiano, oggi sotto i costi di produzione. Una situazione che, secondo Coldiretti, mette a rischio oltre 130mila aziende agricole e un patrimonio di 1,2 milioni di ettari coltivati".
Allestito anche uno spazio dedicato ai consumatori, dove sono in mostra le produzioni locali: dalle farine per pane e polenta, alla pasta, alla birra artigianale, fino ai dolci e alle varietà autoctone di riso e grano. Un pannello illustrativo racconta la biodiversità agricola della regione.
Il Veneto è una delle principali regioni cerealicole d’Italia, con 253mila ettari coltivati a mais, grano tenero e duro, orzo e riso. La provincia di Padova guida la produzione di granoturco (quasi 123mila ettari), mentre Rovigo si conferma cuore pulsante della coltivazione di frumento, con oltre 94mila ettari, di cui 10mila a grano duro.
Coldiretti sottolinea che l’annata agraria 2024-2025 è stata tra le più complesse degli ultimi anni, a causa di un andamento climatico anomalo: piogge abbondanti tra primavera e inizio estate, ondate di calore e siccità a giugno, oltre a un inverno che si è confermato il sesto più caldo di sempre. A ciò si aggiungono le difficoltà legate a semine ritardate, rese scarse e produzione colpita da malattie, parassiti e fauna selvatica.
“La situazione è diventata insostenibile – afferma Carlo Salvan, presidente di Coldiretti Veneto –. Abbiamo il dovere di mettere tutte le istituzioni a conoscenza dei problemi che imperversano sul settore cerealicolo, soprattutto per quanto riguarda le speculazioni di mercato. Quotidianamente assistiamo alla perdita di valore del grano, mentre i costi di produzione continuano a salire. A peggiorare le cose, ci sono le importazioni selvagge, aumentate del +28% nei primi quattro mesi del 2025. Così si affossa il nostro lavoro e si mette in discussione la sovranità alimentare del Paese.”